Novant'anni fa nasceva Ettore Scola. Non saprei individuare un suo singolo suo film che preferisco agli altri. Un gruppo sì, ma uno solo no. Credo questo derivi dal fatto che lui ha sempre privilegiato la coralità, non un singolo personaggio, un singolo evento, una singola storia. La sua è una cinematografia caleidoscopica, un enorme puzzle dove ogni singola tessera ha un senso solo se inserita in un quadro più grande. E allora capisci.
Con Scola devi allontanarti e guardare il tutto. Devi vedere il disegno che si coglie solo a grande distanza, come le linee di Nazca. Qualche titolo lo farò, però. Comincio da Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l'amico misteriosamente scomparso in Africa? del '68. Per prima cosa, perché fu una pellicola che gli diede una grande popolarità e poi perché affonda con maestria il bisturi dentro i vizi dell'italiano. Storia che sembra lieve, ma non lo è. Ma è con Brutti, sporchi e cattivi che fa male davvero. Film senza sconti, quasi Pasoliniani, ma più irriverente e caustico.
Nella mia personale lista aggiungo Una giornata particolare film teatrale, dai ritmi antichi del dramma greco. Ma è con C'eravamo tanto amati, La terrazza e La famiglia che il cinema di Scola prende la sua pienezza corale e nel suo perdersi nelle storie e nei personaggi trova la sua cifra stilistisca come il filo di Arianna nel labirinto. Ogni singolo personaggio ha un suo spessore, ma è il complesso che ne determina la pienezza. Questa sua poetica nasce dall’impegno politico di Scola, sempre inteso nel suo senso più ampio e nobile. Nel 1989 fa parte del governo ombra del Partito Comunista Italiano, con delega alla cura e alla gestione dei Beni Culturali.
La sua cinematografia ricorda quella di Altman, fratelli ideali di un cinema duro, diretto, spietato. Fa male, ma te ne accorgi solo dopo.
Una nota quasi tecnica: Scola non ebbe mai una troupe fissa. Molti registi si creano una famiglia all'interno dei set e dentro questa si muovono come a casa in pantofole. Scola, invece, cambiò spessissimo il direttore della fotografia e, si sa, questo si porta dietro macchinisti, elettricisti, operatori, assistenti. Ettore invece non si curò molto della stabilità durante le riprese, quasi a sottolineare la sua voglia di coralità. Il suo è un cinema scomodo, quella commedia, che come ha insegnato Billy Wilder, può essere più incisiva di un film drammatico.
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