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Immagine del redattoreEnrico Antonio Cameriere

Il senso della satira - I MONTY PYTON



Novembre 2013, cinque ultrasettantenni salgono sul palco e iniziano a fare battute, a cantare e ballare. Non si tratta, però, della solita reunion nostalgica per racimolare un po’ di grana. Non si tratta degli attempati signori che da noi vagano tra i salotti delle TV storditi, e gonfi di botulino. No, fanno davvero ridere e sono cattivi, cattivi, cattivi.


Alla fine degli anni ‘60 un gruppo di ragazzi laureati a Oxord e Cambridge, con un elevatissimo livello culturale, irrompe nella BBC e la stravolge dall’interno con un umorismo tagliente e senza sconti e non lascia prigionieri.



Ma cos’è la satira?

23 Agosto 2005 Katrina, uno dei più catastrofici uragani della storia del Nord America si abbatte su New Orleans. Duemila persone perdono la vita, la polizia spara agli alligatori che dalle paludi sono arrivati in città. La morte sovrasta tutto. Nessuno ha neanche voglia di parlare, ma solo di piangere. Dopo qualche settimana un comico sale sul palco, fa una battuta su Katrina e tutti ridono.

La satira è questo: esorcizzare le nostre paure e irriderle senza sconti.

I Monty Phyton, le dimensioni non sono tutto.

Senza dubbio, se il gruppo è stato determinante per la televisione lo è stato altrettanto per il cinema, diventando una pietra miliare della comicità. Ma quanti film hanno fatto? Quattro. Quattro. Solo quattro! Ma queste quattro pellicole hanno determinato un mutamento su tutto il resto che sarebbe venuto dopo, un po’ come fu per i Velvet Underground.

I miei preferiti sono due, di quelle che noi chiameremmo parodie: Monty Phyton e il Sacro Graal e Brian di Nazareth. Se non li avete visti, rimediate subito e dimenticate i maldestri tentativi che sono stati fatti in casa nostra nel genere, partendo dal Trio. I Monty attaccano e stravolgono le regole e i luoghi comuni di due generi: l’epico e il religioso. La storia del cinema era nata da questo tipo di film e spesso si era arrivati a compromessi che avevano una comicità innaturale. Come quando il colossal La Bibbia di De Laurentiis dovette affrontare lo spinoso problema della fede religiosa del regista del film e, per non scontentare nessuno, la si affidò all’ateo Houston. Ovviamente sarebbe meglio, se si conosce la lingua, vederli in originale, ma bisogna tenere presente che il tutto è basato sui giochi di parole, per cui, o si capisce perfettamente l’inglese, e allora si apprezza moltissimo, oppure è necessario desistere. Per fortuna i doppiaggi sono onorevoli e nel Sacro Graal addirittura ottimi, con una traduzione in dialetti italiani dai vari slang. Per esempio Bombolo (fin troppo disprezzato), Pippo Franco (fin troppo poco disprezzato), Oreste Lionello e l’immenso Pino Caruso.


I film dei Phyton non vengono ricordati per la tecnica, non troverete mai una inquadratura o un movimento particolare. La fotografia è puramente funzionale, eppure questa neutralità è utile al film, quindi efficace. Non si tratta di Scorsese, ma i carrelli contati al contrario sul tetto avrebbero distratto, qui il focus è l’intelligenza dei testi.



The last, but not the least, le musiche. Canzoni belle, così divertenti che non puoi smettere di canticchiare nella testa e ridere come un matto.


Anche le cose prodotte dai Monty Phyton da soli sono state eccelse, basti pensare alla produzione surreale, quasi dadaista di Gillian, cinema che da solo ha sostenuto l’eredità rischiosa del cinema surrealista di Bunuel e Dalì.


Mettetevi comodi, cercate in giro e vedete Qualcosa di completamente diverso.

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