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Immagine del redattoreEnrico Antonio Cameriere

DUE O TRE COSE CHE SO DI LUI - JERRY LEWIS


Genio vuol dire essere avanti. Intuire il futuro. Anticipare.

La leggerezza è stata spesso interpretata con vuotezza. Ma voler far ridere non vuol dire non avere contenuti.


Chi pensa a Jerry Lewis, nella maggior parte dei casi, si sofferma al suo ruolo di attore, ma credo che nella regia ebbe le sue più limpide intuizioni, soprattutto correlate all’invenzione della tecnica del video assist, usando molteplici monitor che gli permettevano di rivedere, in tempo reale, il girato. In seguito, la tecnica utilizzata da Lewis divenne pratica abituale di qualsiasi altro regista.


Adesso la cosa può sembrare banale, perché adesso si gira così, ma ai tempi della pellicola, fu vista come una cosa folle, e anche un po’ svilente, perché associare una tecnica vicina alla televisione era considerata blasfemia pura. Il brevetto del video assist è ancora degli eredi di Lewis.

Zoom, risate e tv erano i grandi taboo del cinema impegnato. Al solito (anche per Hitchcok fu così, con gli articoli di Truffaut) furono i Cahiers du cinéma ad acclamarlo come "il regista totale" (The Total Film-maker divenne anche il titolo di un libro in cui Lewis mise per iscritto gli argomenti di un corso di arte drammatica che aveva tenuto a Hollywood), l'unico in grado, dissero i critici francesi, di rendere un film comico "registicamente perfetto".


L’esordio alla regia di Lewis fu nel film “Il ragazzo tuttofare.” Film accolto bene in tutto il mondo, eccetto che in Italia. Il questa pellicola con il suo sistema riesce a dirigere e recitare al tempo stesso. La tecnica non si limita al rivedere la recitazione, ma più complessamente nel ripensare al girato. È una filosofia completamente diversa e solo chi ha girato in pellicola sa cosa significa stare due tre giorni, in attesa dello sviluppo del girato, aspettando di capire cosa fosse venuto fuori. C’era certamente una magia, un’aura di mistero fino a quando si andava in sala di proiezione per vedere quello che si era girato, ma di fatto si andava alla cieca.

Nel 1999 a Venezia gli fu conferito il leone d’oro alla carriera, forse con un senso di colpa per la cattiva accoglienza italiana al Ragazzo tuttofare.


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