11 Maggio 1992.
Amato o odiato, osannato o criticato, Fear Of The Dark è certamente un album che rappresenta un importante crocevia nella storia degli Iron Maiden.
Siamo nel 1992 e la Vergine di Ferro da una dozzina di anni spadroneggia nel genere Heavy Metal, piazzando una serie di album (i primi sei in studio e il live Live After Death) che li consacreranno a livello internazionale come una delle più iconiche band della scena Hard.
Eppure il nuovo decennio non si era aperto nel migliore dei modi per gli Iron Maiden: Nel 1990 il settimo album in studio No Prayer For The Dying si rivelò un mezzo flop.
Soprattutto se paragonato alla maestosità di ogni singolo album che l’aveva preceduto.
L’abbandono del chitarrista Adrian Smith pareva per molti aver tolto benzina alla band e il nuovo entrato Janick Gers non godette di simpatia immediata da parte dei fans di vecchia data.
In questo clima veniva dato alle stampe Fear Of The Dark, album che “colpisce” già dalla copertina: Si tratta infatti del primo album senza l’artwork di Derek Riggs che aveva reso memorabili tutte le copertine dei Maiden fino a quel momento.
L’altro aspetto che segna una sorta di confine è l’ultima presenza in studio di Bruce Dickinson (che lascerà subito dopo il tour per dare spazio a Blaze Bayley).
Le aspettative per un ritorno alla strada abbandonata con Seventh Son Of A Seventh Son si concretizzavano nell’ottimo singolo apripista ad anticipare l’album “Be Quick Or Be Dead”. Un pezzo tirato supportato da ottimi riffs e e da un cantato serrato con ottimo coro “vecchia maniera" su cui compare anche la penna di Gers.
L'album prosegue con "From Here To Eternity" pezzo che rende ancora una volta protagonista la Charlotte di Charlotte The Harlot (1980) e 22 Acacia Avenue (1982). Pezzo da presa sicura soprattutto in chiave live con un coro da squarciagola.
La terza traccia è uno dei momenti di massimo apice dell'album, la splendida suite "Afraid To Shoot Strangers", dove la verve di Harris & soci sembra rivivere i migliori anni.
Si prosegue con "Fear is the Key" e "Childhood's End", due pezzi non ai livelli del trittico iniziale ma che mantengono l'ascolto su buoni livelli.
Arriva quindi il turno di "Wasting Love" primo ballad dei Maiden a tema amore. Pezzo controverso che farà storcere il naso a più in un fan storico, ma che la band farà uscire addirittura come singolo.
Tra i pezzi da segnalare uno dei miei preferiti resta "Judas Be My Guide" con il suo spirito ottantiano non avrebbe sfigurato dentro Seventh Son Of A Seventh Son.
Tra alti e bassi l'album si snoda per totali 12 tracce (forse troppe?), fino alla titletrack che chiude in modo maestoso l'album.
Un pezzo, Fear Of The Dark, che entra da subito di diritto tra i grandi classici della band, con un impatto live a dir poco devastante.
L'urgenza e la classe degli anni '80 non verranno mai più eguagliati, ma
Fear Of The Dark resta ad oggi un album nostalgico (soprattutto per gli anni a venire della band di Londra), forse davvero l'ultimo cordone ombelicale con i migliori anni della Vergine di Ferro.
Comments