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CLASSICS: EUROPE - The Final Countdown

Aggiornamento: 1 giu 2021


26 Maggio 1986.


Non so cosa si regala oggi, nel 2021, ai bambini che “fanno" la Prima Comunione.


Io nel Maggio 1986 ricevetti dai miei genitori il mio primo impianto Hi-fi.


Si trattava di un dignitosissimo Pioneer.


Occorreva dunque provarlo e con mio padre ci recammo presso il primo negozio di musica vicino casa.



Non sapevamo letteralmente cosa prendere, così il tipo del negozio (New Music) si mantenne su scelte facili facili e ci consigliò Notorius dei Duran Duran e questo The Final Countdown degli Europe.


La mia indecisione dischi in mano fu spezzata da mio padre: Prediamoli tutti e due!


Ed eccoci qui, 26 Maggio 2021 a parlare di questa piccola perla.


Che ne poteva sapere quel bambino di 9 anni che a distanza di oltre 30 anni oggi si sarebbe ritrovato a scrivere di quel suo primo ascolto.


Ma abbandoniamo i sentimentalismi.


The Final Countdown è soprattutto la sua titletrack.

Così esuberante, così accattivante, così pomposa. Un’iniezione di adrenalina che parte dal riff di tastiera.

Così incisivo da restare presumibilmente per sempre nella storia dell’Hard Rock.


Scritto dal biondo vocalist Joey Tempest nel 1981 per aprire le sue serate da dj in discoteca, verrà ripescato per rendere The Final Countdown un album costruito per “vendere”.


Siamo nel 1986 dunque.


Gli Europe sono una dignitosa band svedese che aveva piazzato due album ben accolti dalla scena rock melodica mondiale (l’omonimo Europe e Wings Of Tomorrow) ma tutto questo non bastava all’indiscusso leader Joey Tempest che evidentemente conosceva molto bene il valore di quello che aveva per le mani in quei giorni.


Ingaggiò un produttore di livello e soprattutto “sgamato” come Kevin Elson che in precedenza aveva messo mani alle produzioni di Journey e Lynyrd Skynyrd (successivamente porterà alla ribalta i Mr. Big) e che probabilmente non ci mise molto a capire che poteva trasformare il materiale di Tempest in un colosso.


Procurando in prima battuta un contratto con la Epic.


Il 10 Febbraio 1986 viene dato alle stampe il singolo “The Final Countdown” che iniziò da subito a falciare le classifiche dei 45 giri in lungo ed in largo per l'Europa.


Il colpo sembrava essere lì dietro l’angolo.


Ma il destino come in tutte le grandi cose spesso ci mette lo zampino, per renderle difficili ma… ancora più grandi.


Così la data di uscita slittò prima per problemi alla voce di Joey Tempest e successivamente per un clamoroso ritardo sulla consegna della copertina.


Di fatto quando tutto sembrava essere stato mandato in porto, ci si rese conto che il disegnatore americano Les Katz non aveva ancora svolto il suo lavoro.


Intanto il tour parte.


E’ il 29 Aprile 1986 e riprogrammare il tour avrebbe creato solo ulteriori problemi. Si va a suonare senza l’album in distribuzione.


Un malinteso che stava rischiando di pregiudicare tutto ma il 26 Maggio 1986 (destino vuole durante l’ultima data del giro svedese) il disco viene magicamente fuori.


Regalandoci uno dei peggiori ed arrangiati art work della storia del rock ;-)


Ma torniamo alla musica.


The Final Countdown” è uno degli album che in gergo amiamo chiamare “all killer no filler”.

Ovvero tutti pezzi di altissimo livello, senza brani apparentemente riempitivo.

L’avvio è deflagrante con la potenza della perentoria title track, un brano da presa immediata capace di raggiungere il primo posto in ben 25 paesi diversi.


Ma se ciò non bastasse, la seconda traccia “Rock The Night” per quanto mi riguarda rappresenta in vero apice dell’album. Un pezzo di solito hard rock blindato in tutte le componenti.

Riffs e soli spaziali e un coro anthemico ne fanno uno dei cavalli di battaglia della band svedese.


Introdotta da una memorabile intro di piano, arriva dunque la delicata "Carrie".

Power ballad di grande presa sostenuta da una superba interpretazione di Tempest.

Il brano con il suo intercedere si rivelerà uno dei cavalli da traino dell’album.


Si torna a far fumare gli ampli con la massiccia ma melodica "Danger On the Track", seguita dall’altrettanto rockeggiante "Ninja".


Il lato B si apre con un altro classicone introdotto dai timpani della batteria di Haugland. "Cherokee" con le sue tastierone (memorabile l’assolo intermedio) e il suo coro da stadio fa capire da subito che non c'è tempo per tirare il fiato.


"Time Has Come" è la seconda ballad dell’album con un’apertura più ariosa in pieno stile AOR.


"Heart Of Stone" e "On the Loose" rappresentano altri due riuscitissimi pezzo mentre su un gran lavoro di tastiera si assesta la trascinante "Love Chaser" che chiude l’album alla grande.


Gli Europe non riuscirono a replicare il successo planetario di The Final Countdown. Non vi ci si avvicinarono nemmeno. Sarebbe stato impossibile.


Eppure riuscirono due anni dopo, con Out Of This World a creare quella che unanimemente è riconosciuta come una piccola perla AOR, nascosta dietro il peso di questo mastodontico album.








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