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CLASSICS: SKID ROW - Slave To The Grind


11 Giugno 1991.


Quando esce “Slave to The Grind” , secondo album dei cinque rockers del New Jersey, Sebastian Bach e soci sono addirittura in tour come spalla dei

Guns n’Roses.


Un tour “anomalo” considerato che nessuna delle due band ha un album da promuovere.


Siamo nel 1991 ed è praticamente impensabile che una band parta per un tour senza disco da spingere!


Questa constatazione ci fornisce l’esatta misura della “forza” di entrambe le band.


A dire il vero, prima di tutto la forza dei Guns n’ Roses che potevano permettersi di rimandare all’infinito l’uscita di "Use Your Illusion" (che vedrà luce a distanza di 5 anni da Apetite For Destruction come doppio album vista la mole di materiale raccolta) ma non di cedere alle continue richieste di concerti per tenere comunque alto l’interesse attorno alla band.


Fu la grande amicizia nata tra Axl Rose e Sebastian Bach a portare dietro ai Guns n’ Roses proprio gli Skid Row, un’altra band che brillava ancora grazie alla luce del fulminante esordio del 1989.


1991, la musica sta per vivere un cambiamento epocale, vuoi per l'arrivo del grunge, vuoi per l'abolizione di alcune dinamiche che avevano dominato gli anni '80.


Proprio in quei giorni infatti la nota rivista Billboard aveva deciso di cambiare le carte in tavola per classificare gli album più venduti.


Fino ad allora le posizioni in classifica erano un giochino in mano ai vari manager che ne barattavano a seconda degli usi e degli interessi i “sali-scendi”.


Billboard mise quindi a collaudo un sistema chiamato SoundScan, uno strumento installato su tutte le casse dei negozi di dischi americani in grado di monitorare ogni singola vendita.


Nella prima settimana di pubblicazione Slave To The Grind vendette più di centomila copie e l’essere stati cavie a questo progetto portò clamorosamente gli Skid Row alla posizione numero 1 nella classifica di Billboard.


In poche parole la prima band hard rock a debuttare al primo posto di Billboard o, se vi suona meglio così, Slave To The Grind è stato il primo disco a debuttare al numero 1 dai tempi di Bad di Michael Jackson (1987).


Gli Skid Row arrivano a Slave To The Grind con una ferma intenzione.


Togliersi di dosso l’etichetta di band leggerina affibbiatagli per via delle super ballad del primo album (18&Life e I Remember You) e del “visino” di Sebastian Bach che molto spesso precedeva la stessa musica.


Il demo del disco fu registrato “a casa” in New Jersey prima di partire per la Florida e affidarne la produzione ancora una volta alle mani di Michael Wagerer.


L’artwork molto particolare della copertina, ritrae un Sebastian Bach modellato su un dipinto di Caravaggio.



Fu opera del padre dello stessa Sebastian, artista sollecitato dagli stessi membri della band che prestò la sua opera al disco del figlio.


Quanta poesia in tutto questo!




Ma facciamo finalmente partire il tasto “play”.


L’intento di generare un album duro e spazza dubbi si concretizza immediatamente nell’opener "Monkey Business".


Intro blues, sul quale si insinua suadente la voce di Seb. Fino all’esplosione del pezzo con un urlo sovraumano da parte del biondo vocalist.


Slave To The Grind fu uno dei miei primissimi cd (questo formato era appena uscito) e ricordo che consumai quasi la funzione “back” del mio nuovissimo lettore nell’intento di riascoltare in continuazione quell’urlo.


Il pezzo è di un impatto deflagrante, con chitarre pesanti a dare un impronta sleaze e il cantato di Bach a far rabbrividire qualsiasi rapper dell’epoca. Fino ad arrivare all’anthemico chorus.


Si prosegue con la titletrack.

"Slave To The Grind" costituisce un’ulteriore bordata, un pezzo a cavallo tra l’hard rock e lo speed metal con un’ennesima superba prova vocale di Bach.


Non tutti sanno che la versione di questo pezzo inclusa nell’album finale è… quella registrata nei demo!

Lo stesso produttore ne riconobbe la carica e il limite nel cercare di “pulirla”.

Ai più attenti ascoltatori non sfuggirà questa piacevole differenza di pulizia tra questo pezzo e gli altri.


Si prosegue con "The Threat", pezzo che parte con un riff alla Motley Crue per sfociare in un altro classico dei cinque ragazzi.


"Quicksand Jesus" è il primo episodio in cui si tira il fiato. Per modo di dire, ballad intensa che mette a dura prova nel finale l’ugola di Bach.


E’ il turno della rockfunkeggiante "Psycho Love", un pezzo alla Bang Tango prima maniera e di "Get The Funk Out", brano che costituisce un vero e proprio cordone ombelicale con il rock scanzonato del primo album.


"Livin’On A Chain Gang" è un altro pezzo da novanta dell’album, forte di un riff monumentale e di un chorus da stadio.


Dopo "Creepshow", arriva il turno della seconda ballad, considerata dallo stesso Bach una delle più belle espressioni degli Skid Row: "In A Darkened Room". Come dargli torno!


La decima traccia è il rovente punk di "Riot Act" seguita dalla massiccia "Mudkicker".


Chiude il disco "Wasted Time", un pezzo favoloso e altamente suggestivo magistralmente interpretato da Bach.


Con Slave To The Grind gli Skid Row realizzano un album “pesante” che segna il passo, scrollandosi di dosso a tutti gli effetti l’etichetta di band fenomeno Hair Metal.


Nel 2002, sul letto di morte di suo padre, Sebastian Bach disse piangendo semplicemente “Papà,abbiamo avuto un disco al primo posto!” .


Sapeva che la sua arte avrebbe vissuto per sempre sulla copertina di quel disco insieme alla sua mastodontica prova vocale.






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