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ROBERT GENCO - Il Ligabue di Reggio Calabria

Aggiornamento: 30 nov 2023

Anche se Robert Genco era un musicista, il parallelo non è con Luciano Ligabue, il "rocker" di Correggio, ma con Antonio Ligabue, suo conterraneo pittore lunatico e geniale, vissuto quasi un secolo prima.

Chi è negli "anta" avanzati e ha vissuto a Reggio Calabria, se lo ricorda bene Robert Genco. La maggior parte neanche lo sapeva che era un batterista di enorme talento e un compositore di altissimo livello. Per i più era solo un tipo un po' spostato che dormiva sui vagoni dismessi in stazione centrale, perché non aveva casa.

A un certo punto, nel pieno del caos rivoluzionario del 1977, la sua faccia appare in televisione, presentata da Gianni Boncompagni a Discoring, la trasmissione musicale culto di quegli anni.

"Che ci fa quel matto in tv???" hanno pensato molti suoi concittadini, immaginando un numero da circo, qualcosa di ridicolo, un'esibizione come quelle della "Corrida" di Corrado Mantoni che andava a caccia di fenomeni da baraccone, quasi compiaciuti nel ricevere le pernacchie del pubblico. E invece, in quell'occasione anche i distratti reggini si rendono conto per la prima volta che quel tipo strano e un po' matto che se ne va in giro vestito di nero con uno zaino in spalla come unica casa, è un genio della musica. E iniziano a capire anche perché quell'uomo non possiede nulla. Robert Genco ha un solo sogno e su quello ha investito tutto: incidere un album. I suoi (pochi) averi sono destinati esclusivamente a quel sogno, non può permettersi altro.

La città di Reggio Calabria non è mai stata prodiga di stimoli per gli artisti. Specialmente se percepiti come mezzi matti, clochard senza futuro, con velleità al di sopra delle loro reali possibilità. Quella ridicola inglesizzazione del nome di battesimo (non si chiamava nemmeno Roberto, bensì Umberto), quell'andatura dinoccolata, quel suo modo di guardare le persone come se venissero da un altro pianeta, non lo aiutavano a essere credibile. "Ma dove deve andare quel pazzo barbone?" era il pensiero ricorrente. "Ha fatto pure un disco!", bisbigliavano al suo passaggio dandosi di gomito. E giù risate canzonatorie.

Ma Robert Genco non era lì, non ascoltava, vagava perso nei suoi pensieri, componeva musica nella sua testa, immaginava note e cellule ritmiche, confezionava il suo sogno passo dopo passo, accordo dopo accordo, ignorando tutto e tutti dall'alto della sua folle lucidità. L'apparizione a Discoring è destabilizzante. I brani di Robert Genco sono straordinari. Un po' in ritardo rispetto ai fasti del prog, ma indubbiamente dei veri capolavori del genere. Composizioni raffinatissime, intuizioni ritmiche d'avanguardia, atmosfere immaginifiche, geniali progressioni armoniche. E una line up di musicisti d'eccellenza come Giorgio Cocilovo alle chitarre e Hugo Heredia ai fiati. Inizia a insinuarsi il dubbio: stai a vedere che quel pazzo ha talento davvero? E infatti, nello stesso anno vede la luce "Beyond the life" ed è subito chiaro che si ha a che fare con uno dei capolavori dell'epopea progressive. Robert Genco ne è il batterista, ma è anche l'autore di tutti i brani e il cantante. I testi sono per lo più in inglese, snocciolato con grande disinvoltura, come se davvero a cantarli fosse Robert, l'alter ego anglofono, e non Umberto, il poveraccio che dorme alla stazione centrale di Reggio Calabria. Nell'album trovano spazio ritmiche funk, improvvisazioni free jazz, ballad intense e raffinatissime, contaminazioni di ogni genere, moltissime intuizioni anticipatrici di un intero decennio.



L'album è stupefacente anche dal punto di vista della qualità di registrazione, un suono perfetto per l'epoca, una produzione accuratissima, un missaggio senza la minima sbavatura. Forse Robert Genco lo sapeva che il destino non gli avrebbe concesso di incidere un altro disco e per questo ha messo tutto dentro "Beyond the life" e non ha risparmiato in nulla per garantire alla sua creatura il massimo della qualità possibile. Ma il mercato non lo ha premiato. Da una parte l'avvento del punk che stava scardinando ogni certezza acquisita e soppiantando nel gusto giovanile, in pieno fermento rivoluzionario, le liftate atmosfere prog. Dall'altra una distribuzione relegata a circuiti di nicchia, l'unica possibile per una etichetta minuscola come la RG. "Beyond the life" rimane un disco di culto, amato dall'underground e misconosciuto ai più. Robert Genco continuerà a dormire in stazione centrale, ancora più povero, ancora più solo. Per il resto della sua vita ha continuato a vagare per la città vestito di nero con uno zaino in spalla come unica casa. Nemmeno la ristampa in CD dell'album ad opera della AMS nel 2011 ha migliorato la sua situazione. Nel 2014 Robert Genco muore dimenticato da tutti. Oggi la quotazione del vinile originale di "Beyond the life" ha raggiunto cifre elevatissime che i collezionisti sono pronti a spendere per possederlo. E l'album è inserito in tutte le classifiche dei dischi prog più belli di tutti i tempi. Ma a Robert Genco tutto questo non è mai importato. Lui vagava per la città e componeva la sua musica, guardando le persone intorno a lui come se venissero da un altro pianeta.

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