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Immagine del redattoreFrancesco Villari

Måneskin - LA NUOVA GRANDE TRUFFA DEL ROCK'N'ROLL?

Aggiornamento: 26 mag 2021

Ho già espresso il mio pensiero sui Måneskin e non mi ripeterò. Certo è che questa cosa vi sta prendendo parecchio la mano :D e forse è il merito più grande che mi sento di ascrivere a questi ragazzi: aver acceso un dibattito sul rock, una roba che non si sentiva dai tempi dei Sex Pistols (guarda caso, altra geniale operazione di marketing, "la grande truffa del rock'n'roll" che però qualche puntello fondamentale sulla storia del rock lo ha messo). Quello che invece mi lascia più perplesso sono le posizioni manichee dei "pro" e dei "contro". Al di là del gusto personale, che rimane territorio off limits, credo che ci siano dei punti di oggettiva debolezza in chi li esalta come nuovo miracolo musicale e altrettanti in chi ne vede solo l'aspetto più deteriore. Chiaramente pagano l'essere venuti fuori da un talent show come X-Factor, perché le operazioni di questo tipo c'erano anche prima, le major discografiche spingevano il loro "prodotto" con tutto il potenziale promozionale a loro disposizione anche ai tempi dei Beatles, ma con i talent show è finito del tutto quell'ultimo briciolo di sincerità e di ispirazione vera, in luogo di un prodotto totalmente confezionato per il mercato. E oggi questo aspetto è troppo evidente per essere ignorato. Magari semplicemente il consumatore di musica è meno ingenuo, o peggio, le case discografiche non hanno più alcun pudore nello sbandierare i loro reali intenti di business, prima tenuti volutamente sotto traccia. Certo, molte cose sono cambiate. Un tempo i discografici avrebbero gongolato per un scandalo a base di droga appiccicato addosso ai loro pupilli, perché sapevano bene quanto l'aspetto trasgressivo del rock conquistasse fette di mercato, anche a costo di fare carne da macello di ragazzi spesso giovanissimi mandati perfino a morire in nome del "Dio del Rock" (per gli ingenui) e del "Dio Denaro" (per i più avveduti). Però c'è una cosa che sfugge: questo in Italia non è mai accaduto. Se negli Stati Uniti e in Inghilterra le rockstar "strafatte" incrementavano l'indice di gradimento del loro prodotto, in Italia abbiamo avuto esempi di carriere completamente distrutte anche solo per semplici allusioni. Non faccio nomi per non alimentare questa aberrazione, ma tanto li conosciamo tutti. La verità è che "Siamo fuori di testa!" e il test antidroga sembrano un ossimoro, una di quelle situazioni cerchiobottiste in cui anche la trasgressione deve essere ben controllata e amministrata da scaltri manager della musica. E questo è un altro aspetto che i Måneskin, a livello di percezione, pagano caro: la sensazione che non ci sia nulla di reale nel loro percorso, ma una complessa e redditizia strategia. Ripartendo dal mio concetto di pop (la creazione di canzoni/band famose prima ancora che siano famose, tanto per sintetizzare in modo estremo), la differenza con il passato è che il "prodotto" musicale veniva cercato e trovato così com'era e solo successivamente confezionato. Oggi, invece, sembra che il prodotto musicale non esista senza la confezione. Anzi, che questa diventi in qualche modo il prodotto, come se il packaging fosse più attraente del contenuto. Nulla di strano. Il marketing ha da tempo compreso il valore del packaging: ci sono profumi che si vendono più per la boccetta che per l'essenza. Però quando si parla di musica sarebbe molto più igienico che il pubblico non se ne avvedesse, perché quando accade, il senso di frustrazione è assai elevato. In sostanza, l'estetica rock dei Måneskin, gusti a parte, ci ha restituito qualcosa in termini strettamente musicali, ma ci ha tolto dal punto di vista della suggestione. E, come sappiamo, il sogno è parte integrante dello stile di vita rock. Ripeto: non torno sulle argomentazioni centrali che ho già abbondantemente discusso, ma cerco di dare una lettura il più possibile circoscritta al tema della comunicazione. Perché molti dimenticano che anche la musica è comunicazione, sotto forma di espressione artistica. Il problema è che la comunicazione da molto tempo è diventata anche una disciplina a sé, qualcosa che da sola costituisce un prodotto (per restare al recentissimo presente, youtuber e influencer ne sono la testimonianza più nitida). Nei tempi attuali un prodotto ben comunicato vale di più di un prodotto ben fatto. Una volta un prodotto ben fatto veniva scelto per essere ben comunicato. Il fatto che un tempo i provini si facevano a porte chiuse e oggi invece sono uno show a cielo aperto che genera fenomeni prima ancora che quel provino venga superato, è solo una forzatura della comunicazione. Nessun rischio: comunico prima, registro il gradimento in anticipo, e poi faccio uscire solo il prodotto che mi dà già garanzie di successo. E, ahimé, volenti o nolenti, ci piaccia o no, questo è accaduto anche ai Måneskin, che diventano innocui nel loro rock pompato come fosse la riedizione di "Houses of the Holy", proprio in virtù del fatto che sui Led Zeppelin qualcuno aveva rischiato, su di loro no. Di contro, c'è da dire che a mia memoria non c'è mai stata una band italiana che qualcuno, ancorché ingenuamente, abbia accostato ai Led Zeppelin, se non nell'indie più sotterraneo, nell'underground, mai e poi mai nel mainstream, il territorio dei Måneskin. E questo in fondo non può che far bene a un Paese che cerca ancora, a fatica, di uscire dal luogo comune di spaghetti e mandolino. Fa bene anche all'underground, fa bene anche ai duri e puri, perché forse riusciranno anche grazie ai Måneskin (o meglio a ciò che gira loro intorno) a sdoganare la loro musica che per molti non è "cosa da italiani". In sostanza, come spesso accade, la verità sta nel mezzo: sbaglia chi cerca a tutti costi nei Måneskin il miracolo di aver finalmente trovato i Rolling Stones italiani, sbaglia chi li massacra a prescindere, utilizzando il medesimo punto di partenza, cioè: non è vero che sono i Rolling Stones italiani. L'oggetto del contendere non dovrebbe essere questo, invece le posizioni che vedo alternarsi più o meno equamente vertono quasi tutte su questo punto: sono o non sono i nuovi Zep, i nuovi Stones, il nuovo rock? La risposta è no. Quindi chi li critica per questo vada in pace. Altrettanto faccia chi li esalta per questo. Loro sono questa cosa qui, figlia del loro tempo e anche, ahimé, di molte delle sue aberrazioni. Discutiamo pure sul loro valore, sulla loro sincerità, sulla loro estetica, ma niente paragoni per carità, niente etichette di genere, niente confronti a distanza di decenni che finiscono per sembrare quei giochetti infantili tra chi è più bravo tra Ronaldo e Pelé, ignorando completamente contesti e situazioni storiche. Non mi si fraintenda, gli Stones e Pelé può reggere, i Måneskin e Ronaldo un po' meno... ma era solo per capirsi.


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