A un certo punto l'isola deserta diventa il sogno di tutti. Dopo un secolo di urbanizzazione selvaggia, il ritorno alla natura incontaminata sembra essere un chiodo fisso per gli abitanti delle città, sempre più tentacolari, sempre più soffocate dallo smog, sempre più stressanti.
I più ricchi del pianeta addirittura se le comprano, le isole deserte, salvo poi dotarle di tutti i comfort e farle apparire più un resort di lusso che un buen retiro.
Fatto sta che il mito dell'isola deserta genera fantasie di ogni genere e, naturalmente, il cinema, la letteratura, la musica, perfino i cartoni animati ne cavalcano l'interesse.
A fare da apripista però, fu Lina Wertmuller, che nel suo "Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto", precorre i tempi e confeziona un film fatto semplicemente da una spiaggia bianca e due attori magistrali. Era il 1974 e ancora la fissazione dell'"evasione totale" non era dilagata, ma i geni, si sa, sono sempre in anticipo sulle mode.
Bisognerà aspettare l'inizio del decennio successivo perché si consolidi l'immaginario collettivo. A dare una spinta decisiva ancora un film, con una coppia di attori decisamente meno dotati dal punto di vista espressivo dei meravigliosi Giannini/Melato, ma capaci grazie al prototipo di bellezza del momento, di diventare una sorta di icona.
Sono belli, abbronzati, giovani, biondi, nudi.
Un naufragio li ha catapultati sulla famosa isola deserta e da lì in poi è la simbiosi con il luogo esotico a diventare trama. Un gioco di sottigliezze erotiche e vita selvaggia, un inno alla libertà assoluta, definitiva. Il film è "Laguna Blu", che farà conoscere al mondo la bellezza mozzafiato di Brooke Shields.
Nonostante un risvolto tragico, il film risveglia i più reconditi desideri di evasione, la tentazione di vivere nudi e selvaggi, fuori dalle regole imposte dalla società e dal vivere comune. Tutti sognano di essere al posto del biondo Christopher Atkins, soli in mezzo alla natura incontaminata con accanto una delle donne più belle del pianeta.
La favola di Robinson Crusoe attualizzata e resa accessibile anche ai più pavidi, che di fronte a cotanta bellezza rinuncerebbero volentieri alla loro Fiat 850, alla loro TV a colori, al telefono in duplex, al tinello in formìca, ai piccoli lussi della media borghesia.
Da qui in poi inizia la corsa all'isola deserta, l'imperativo sociale degli anni '60/'70 che eleggeva a mito i luoghi di vacanza più frequentati e à la page, la Versilia, Rimini, Saint Tropez, Capri, sposta il suo focus sull'esclusività di posti irraggiungibili, il più possibile impervi in modo da scoraggiare il turismo di massa. Gli ombrelloni ammucchiati, le sdraio sudaticce, le radio a tutto volume diventano il prototipo della volgarità. Ora sono il silenzio e la solitudine il vero lusso.
Il cinema non fa in tempo a riorganizzare le idee e offrire nuovi prodotti alla maniera di "Laguna Blu", così si limita a uno spin-off, "Paradise", uscito due anni dopo e praticamente identico al primo, ma se possibile ancora più ammiccante sotto il profilo erotico. Al posto del biondo Atkins c'è il suo clone, Willie Aames, già noto in alcune sit-com di successo, mentre la parte che fu di Brooke Shields è affidata all'esotica bellezza di Phoebe Cates, titolare anche del brano tormentone di quell'estate, omonimo al titolo del film. A tentare una strada più originale ci provano i giapponesi nel 1981, con la serie a cartoni animati
"Flo la piccola Robinson", titolo fin troppo smaccatamente ispirato al romanzo di Daniel Defoe, ma che in realtà trae la maggior ispirazione da un altro Robinson, lo "svizzero" del romanzo di John David Wyss, la cui trama si sviluppa concettualmente nello stesso modo, ma con risvolti più contemporanei. In linea con la tendenza del momento anche il cartoon sarà un successo, nonostante la permanenza nella famosa "isola deserta" sia vissuta da quasi tutti i protagonisti come una sciagura e non come una liberazione. Solo la piccola Flo beneficia in pieno della totale libertà offerta dal luogo e vive un'infanzia spensierata senza obblighi scolastici, senza imposizioni di sorta, senza il controllo stringente dei genitori, impegnati a ingegnarsi per ricreare sull'isola un minimo di vivibilità civile, in attesa degli agognati salvatori. Insomma, una pacchia per i bambini dell'epoca che vedevano in quella ragazzina perennemente a piedi nudi una privilegiata che non doveva svegliarsi per andare a scuola, che non doveva fare i compiti, e il suo unico impegno quotidiano era giocare all'aria aperta.
Alla fine degli anni '80 però, l'"isola deserta" perde fascino. Riamane la suggestione, evocata spesso in domande diventate luoghi comuni, "chi porteresti con te in un'isola deserta?", "quali sono i dieci dischi che porteresti in un'isola deserta?" (parafrasando una rubrica di successo del magazine "Mucchio Selvaggio"), "a cosa non potresti mai rinunciare se ti trovassi in un'isola deserta?" e così via. Ma è un luogo comune appunto, non più un posto reale da sognare, da raggiungere, da immaginare sospirando. Brooke Shields non è più il prototipo di donna cui il nuovo decennio dedicherà copertine di giornali e servizi fotografici. Troppo delicata, troppo docile, in un mondo che ha ormai il mito dell'aggressività, dell'esagerazione, della smaccata emancipazione sessuale, della cosiddetta "mangiatrice di uomini", ancor meglio se passata per le cure del chirurgo plastico e le sue forme si sono gonfiate in modo esponenziale. Anche la minuta Brooke Shields di "Laguna Blu", si gonfierà a dismisura, ma non per l'effetto della chirurgia, semmai per l'eccesso di cibo dovuto a una grave bulimia e per l'abuso di farmaci antidepressivi. Essere stata dimenticata in fretta, dopo quella stagione di successo planetario, ne ha minato la psiche in modo drammatico. Forse avrebbe bisogno di tornare in quell'isola deserta a ritrovare se stessa, ma probabilmente ci troverebbe qualche decina di alberghi ingolfati di turisti, tanti ombrelloni ammassati e le sdraio sudaticce. Questo articolo lo dedico a lei, ideale di bellezza di un'intera generazione, nel giorno del suo compleanno.
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