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Immagine del redattoreFrancesco Villari

12 maggio 1948 - STEVE WINWOOD

I bianchi non c'entrano nulla con il blues, con il soul, con il rhythm'n'blues, nessun bianco è in grado di eguagliare la potenza espressiva dei figli di Mamma Africa deportati e mai del tutto integrati, che nella sofferenza di dieci generazioni hanno forgiato la potenza del loro naturale approccio ritmico, mescolandolo con le armonie europee e le scale politonali (seppur inventando la sincope melodica intrinseca in ogni pentatonica). Un melting pot che non può prescindere dall'origine voodoo del rito musicale, dalla piaga della schiavitù, dai talkin' drums, da quel miracolo che i neri hanno realizzato suonando gli strumenti dei bianchi. Solo che a sparigliare le carte e far saltare in aria i paradigmi arriva gente come Janis Joplin o Eric Burdon, neri dalla pelle bianca che solo grazie alle immagini si riescono a distinguere dai loro contraltari afroamericani. Uno dei casi più emblematici è Steve Winwood, tastierista e cantante che prima di fondare i Traffic era stato leader dello Spencer Davis Group, band di robusta caratura blues, titolare dell'unico brano "bianco" che i Blues Brothers" (bianchi anch'essi, guarda un po') hanno inserito nella loro carrellata di cover dei classici di genere, contribuendo a farlo entrare nella leggenda. Festeggiamo il compleanno di Steve Winwood, nato il 12 maggio del 1948, ascoltandoci proprio quel brano diventato a buon diritto uno dei capisaldi della musica non accademica del Ventesimo secolo.


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