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Vent’anni di dittatura e censura in Brasile e le canzoni politiche di Chico Buarque

Della parola portoghese “Cálice” (significato identico a quello italiano), è possibile sfruttare l’assonanza quasi perfetta con l’esclamazione “Cale-se” (Taci, stai zitto). E’ solo un piccolo esempio di come Chico Buarque de Holanda, grande interprete, compositore ed icona della MPB e del movimento Tropicalista, è riuscito, nei tempi bui della dittatura, (dall’aprile del 1964 a marzo del 1985) a parlare di politica senza tanto clamore, travestendo le parole di un doppio significato, dando un senso anziché un altro, proprio per evitare la furiosa reazione del governo militare brasiliano (conosciuto anche come “regime dei Gorillas”). E la canzone “Calice”, composta assieme a Gilberto Gil, fu a quel tempo davvero come un ciclone inarrestabile.



Nessuno si stupisca, quindi, se a Chico Barque de Hollanda è stato attribuito il Premio Camoes 2019, istituito dal governo del Brasile e del Portogallo nel 1988 e attribuito agli autori che hanno contribuito all'accrescimento del patrimonio letterario e culturale della lingua portoghese. Questo premio è considerato il più importante premio letterario destinato a garantire, per un autore di lingua portoghese, fama alla sua opera. Ma se la parte finanziaria, il valore del premio di 100mila euro, è stata risolta con una certa facilità dividendo la somma tra Brasile e Portogallo, il diploma sarà consegnato a Chico Barque senza la consueta firma del capo di Stato brasiliano, lo psicopatico Jair Bolsonaro, uno che da sempre ha mostrato nostalgia per la dittatura e soprattutto non ha mai nascosto la sua ammirazione per uno dei più atroci torturatori dell’epoca, il colonnello Carlos Alberto Brilhante Ustra, assassino e torturatore di centinaia di vittime, tra cui la stessa presidente Dilma, fortunatamente sopravvissuta alle barbarie dei militari

Oltre a rifiutarsi a firmare il prestigioso riconoscimento a Chico Buarque, Bolsonaro si è permesso di fare ironia affermando in una recente intervista che “avrà tempo di firmare il Premio fino al 31 dicembre del 2026”, dichiarandosi implicitamente certo di una sua rielezione nelle prossime consultazioni politiche. Pronta la risposta, via social, dello stesso Chico Buarque: “Il fatto che il presidente Bolsonaro non abbia firmato il diploma per me vale un secondo Premio Camoes”.


Prima di tornare ad analizzare in maniera approfondita il testo della canzone Calice che tanto fece impazzire i militari dell’epoca, bisogna aggiungere che Chico Buarque era particolarmente odiato dalle autorità proprio per la sua capacità di cantare le sue idee parafrasandole con parole che parevano sempre riferirsi ad altro, a concetti diversi, ad altre realtà. Di questa tecnica, Cálice è un vero e proprio prototipo. Parli di una cosa ed è facile capire, per chi conosce i fatti, che ti riferisci ad un’altra. Insomma, un modo per passare in maniera elegante, quasi sottovoce, attraverso le maglie della censura. Il testo è imperniato sull’analogia tra la Passione di Cristo e la sofferenza di un popolo vessato da un regime autoritario.

“CALICE”


Como beber dessa bebida amarga (1) Come bere questa bibita amara Tragar a dor, engolir a labuta Mandar giù il dolore, inghiottirlo a faticaMesmo calada a boca resta o peito Anche se chiusa la bocca resta l’animo Silêncio na cidade não se escuta Il silenzio in città non si sente De que me serve ser filho da santa A che mi serve essere figlio di santa Melhor seria ser filho da outra (2) Meglio sarebbe essere figlio di altra Outra realidade menos morta Un’altra realtà meno morta Tanta mentira, tanta força bruta Tanta menzogna, tanta forza bruta Como é difícil acordar calado Com’è difficile svegliarsi in silenzio Se na calada da noite eu me dano Se nel silenzio della notte io mi dispero Quero lançar um grito desumano Voglio lanciare un grido disumano Que é uma maneira de ser escutado Che è un modo per essere ascoltato Esse silêncio todo me atordoa Tutto questo silenzio mi stordisce Atordoado eu permaneço atento sebbene stordito io rimango attento Na arquibancada pra a qualquer momento Nella tribuna in un momento qualsiasi Ver emergir o monstro da lagoa (3) Vedere emergere il mostro del lago Pai, afasta de mim esse cálice Padre, allontana da me questo calice Pai, afasta de mim esse cálice Padre, allontana da me questo calice Pai, afasta de mim esse cálice Padre, allontana da me questo calice De vinho tinto de sangue Di vino rosso di sangue De muito gorda a porca já não anda la scrofa è così grassa che non cammina piùDe muito usada a faca já não cortaIl coltello talmente usato che non taglia piùComo é difícil, pai, abrir a portaCome è difficile, padre, aprire la portaEssa palavra presa na garganta Questa parola (4) strozzata in gola Esse pileque homérico no mundo Questa sbornia omerica per il mondo De que adianta ter boa vontade A che mi serve avere buona volontà Mesmo calado o peito resta a cuca Anche se ammutolito l’animo resta la ragione Dos bêbados do centro da cidade Degli ubriachi nel centro della città (5) Talvez o mundo não seja pequeno Forse il mondo non sarebbe piccolo Nem seja a vida um fato consumado E la vita non sarebbe un fatto compiuto Quero inventar o meu próprio pecado Voglio inventare il mio proprio peccato Quero morrer do meu próprio veneno Voglio morire del mio proprio veleno Quero perder de vez tua cabeça Voglio perdere per sempre la tua testa (6)Minha cabeça perder teu juízo La mia testa perdere il tuo giudizio Quero cheirar fumaça de óleo diesel Voglio annusare lo scarico del diesel Me embriagar até que alguém me esqueça. Ubriacarmi finchè qualcuno non mi dimentichi.


(1) dovrebbe essere un’allusione al fernet che Chico era solito offrire a Gil quando questi gli faceva visita: trattandosi di un prodotto probabilmente conosciuto in Italia ci potremmo leggere il ricordo amaro per la prolungata e forzata lontananza dal Brasile

(2) Melhor seria ser "filho da puta" (che non sarebbe stato pubblicabile) diventa “filho de outra”: il riferimento è a chi ha accettato il regime, i suoi favori, la sua protezione.

(3) “Il mostro” era il modo in cui gli uomini del regime si riferivano alla possibilità di una rivolta popolare, di una reazione non controllabile, in altre parole di una possibile rivoluzione.

(4) la parola impronunciabile è “apertura” ovvero una strategia attraverso la quale i militari cercavano in quel periodo una via di uscita dalle loro responsabilità e dalla grave crisi economica del paese attraverso un graduale passaggio di potere ai civili

(5) gli ubriachi coloro che credevano ancora in una possibile libertà, come nell’altrettanto celebre “O bebado e a equilibrista”.

(6) Per passare i tagli della censura la necessità di girare intorno alle parole con delle licenze poetiche, con dei non-sense che parlano invece chiarissimo come quel “voglio perdere la tua testa” e quel desiderio di liberarsi delle regole/morale del regime sintetizzato nel successivo “la mia testa perdere il tuo giudizio”



A differenza di altri regimi militari sudamericani dell’epoca, come quello di Pinochet che buttava dagli elicotteri sindacalisti e i “comunisti” in genere, i generali brasiliani fecero firmare una dichiarazione ai dissidenti che quindi dovettero abbandonare il paese. L’esilio fu la sorte di grandi personaggi artisti, intellettuali dell’epoca come Caetano Veloso, Gilberto Gil, lo stesso Chico Buarque de Hollanda, e poi Vinicius de Moraes (nonostante avesse servito il suo Paese per anni come diplomatico), Maria Bethania, Edù Lobo e molti altri. E per qualcuno l’esilio è arrivato dopo essere stato torturato ed aver passato diversi mesi in prigione.


Nel prossimo articolo si parlerà dell’ evento canoro che doveva tenersi nel maggio del 1973 a San Paolo, ma la censura ne proibì la rappresentazione fino al 1978, anno in cui Gilberto Gil e Chco Buarque tornarono a cantare Calice. Ma la polizia in borghese, presente al concerto, disattivò l’audio proprio nel momento in cui le voci di Gilberto e Chico gridavano all’unisono la strofa della canzone “Calice”. Il tutto documentato da un video ormai storico e reperibile su youtube. Ma si parlerà anche di un’altra splendida canzone dal titolo “Apesar de voce”, un brano che sotto le spoglie d’un amore frustrato per una donna spietata si nasconde una canzone politica a tutti gli effetti. Ed a quel tempo girava in centinaia di migliaia di copie senza che i militari avessero compreso, almeno all’inizio, il vero significato,



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