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Immagine del redattoreDomenico Grillone

Le radici del reggae in Brasile e lo Stato del Maranhao, la "Jamaica Brasileira"


Non esistono studi o documenti che possano certificare la vera data di nascita del reggae in Brasile. Anche se i musicisti brasiliani, in generale, considerano la visita di Jimmy Cliff, artista jamaicano di ska, il primo contatto del pubblico verdeoro con il nuovo e affascinante genere musicale. Il musicista jamaicano, infatti, arrivò in Brasile per prendere parte al “Festival Internazionale della canzone” (FIC) nel 1969 durante il periodo di effervescenza del reggae in Jamaica e in tutta Europa. E fu un successo strepitoso. In special modo nello Stato del Maranhao, Nordeste del Brasile in cui il reggae rimane tutt’ora la musica predominante, assieme alla musica nordestina per eccellenza, il Forrò. Ecco perché nella capitale São Luís si respira un’aria reggae.


Perché a differenza degli altri stati del Brasile, qui pare che sia la musica ufficiale delle varie radio, bar e discoteche, una sorta di versione del Brasile filo Jamaicana, se vogliamo dire, che segue le gesta del grande rastafari Bob Marley, icona del movimento. E se l’Unesco nel 2018 dichiarò il reggae come patrimonio immateriale dell’umanità, in Brasile “O dia Nacional do Reggae” fu istituito nel 2012 dall’ex presidentessa Dilma Roussef, senza contare che dal primo luglio 1994, si celebra la Giornata internazionale del Reggae. Nato negli anni ’60 in Jamaica, il reggae si identificò, fin dalla sua nascita, con il movimento religioso jamaicano Rastafari che ha sempre dato all’ex imperatore dell’Etiopia, Haile Sellassie 1°, caratteristiche messianiche alleate ad aspirazioni politiche ed afrocentriste e con tematiche legate alla critica sociale che coinvolgono questioni sulla diseguaglianza, preconcetto, libertà ecc. Anche se, per la verità, il reggae attuale non si restringe, come un tempo, alla cultura classica rastafariana, ma integra anche altri temi come l’amore ed il sesso.

Ma torniamo in Brasile per dire che la prima canzone considerata storica per il movimento reggae brasiliano fu l’incisione, nel 1972, di Caetano Veloso del brano “Nine out of ten” tratto dall’album “Transa”. Un brano, a detta dei critici, che influenzò il cammino della maggioranza delle incisioni brasiliane riguardo il genere.



Anche Gilberto Gil si cimentò in questo linguaggio musicale nel disco “Refavela” del 1977, l’album considerato più africano dell’artista di Bahia e con forti venature di samba, Mpb e, appunto, reggae.




Ma l’incisione che più si incastra nei modelli classici del reggae fu la versione dello stesso Gil del brano “No woman no cry” di Bob Marley, canzone che si rivelò un successo incredibile in tutto il Brasile. Tanto che tre anni dopo Bob Marley si recò per la prima volta nel paese verdeoro, lo stesso anno in cui Gilberto Gil e Jimmy Cliff intrapresero insieme per la prima volta una tournée per tutto il Brasile riscuotendo un grande successo.



Fu così che cominciarono a sorgere le prime band di reggae nello scenario nazionale brasiliano: dal gruppo Os Karetas, considerata la prima banda di reggae del Brasile e nata Recife (Pernambuco) a Edson Gomes, cantante baiano, anche lui considerato uno dei padri del reggae brasiliano.



Nel corso degli anni ’80 è la volta del rock a mischiarsi al reggae con i lavori di tantissime band verdeoro come i “Paralamas do Sucesso”, “Cidade Negra”, banda carioca nata nel 1986 e primo gruppo di artisti latinoamericani a partecipare al “Reggae Sunsplash Festival”, nel 1992.

Con il rafforzamento dello scenario nazionale e diversi show di artisti brasiliani fuori dal proprio paese il numero dei gruppi si moltiplicò negli anni ’90 e tra questi occorre ricordare i “Natiruts”, “Planta & Raiz” e “Cidade Negra”. Di seguito il video dei Natiruts, bellissimo, con una notturna Rio De Janeiro a fare da sfondo. .



Ritorniamo a parlare adesso dello Stato del Maranhao, conosciuto come la “Jamaica Brasileira” grazie alla grandissima produzione di musica reggae da parte di musicisti locali. Ed il reggae suonato nella capitale Sao Luis ha delle caratteristiche proprie, particolari, che si discostano dalle usuali matrici musicali grazie ad un ritmo più cadenzato, romantico e sensuale. Nella stessa capitale esiste un museo, fondato nel 2018, dedicato alla promozione ed alla memoria della cultura reggae. Nel suo centro storico è localizzata la ”Praca do reggae” (piazza del reggae) con attrazioni musicali per tutto l’anno. Basti pensare che il primo anno d’attività ha registrato 50mila visitatori dei quali 20mila erano turisti stranieri. Infine, Sao Luis è l’unico posto dove si balla il reggae in coppia. I suoi fan chiamano affettuosamente la musica “melô” (Melodia di struttura semplice, facile da cantare per chiunque).



Attualmente, São Luís dedica delle giornate esclusivamente al Reggae, un festival che ha riunito vari nomi della musica brasiliana. Si tratta di tributi e omaggi ai grandi nomi del reggae nazionale e internazionale, come è il caso del grande idolo Jimmy Cliff.

Oggi il ritmo non è solo conosciuto in Maranhão, ma anche in altri luoghi, come gli Stati del Pará, il Piauí ed il Ceará. E’ molto difficile enumerare la quantità di band e nomi che con grande difficoltà sono riusciti a espandere questa cultura nel paese. La crescita è stata tale che alcuni non riescono a spiegare questo fenomeno. Certamente la volontà degli artisti e l’energia del ritmo ha scavalcato ogni tipo di confine, contribuendo alla sua espansione culturale.



in basso: foto Sao Luis, capitale del Maranhao (BR)


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