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Immagine del redattoreDomenico Grillone

Elza Soares e Mané Garrincha: lacrime di samba in punta di piedi


Una donna assolutamente padrona della sua voce, del suo corpo e della sua propria vita. E per quei tempi era assolutamente troppo. La storia di Elza Soares (classe 1930), la musa brasiliana ribelle, considerata la Tina Turner brasiliana ed una vera e propria furia creativa, è davvero interessante. Si tratta di una storia intrigante, drammatica, per alcuni versi commovente, la sua ormai leggendaria, ma allo stesso tempo travagliata e sofferta, storia d’amore. Con chi? Con l’ala destra più famosa di tutti i tempi: l’eroe del Botafogo, il più grande dribblatore della storia del calcio, l’ottavo calciatore nella classifica dei migliori di tutti i tempi, l’uomo che inventò il doppio passo, l’ubriacone che pagava da bere a tutti, e cioè Manoel Francisco Dos Santos, alias Mané Garrincha, appellativo datogli dalla sorella dal nome di un uccellino, due volte campione del mondo, (1958 e 1962), totem del mondo calcistico brasiliano al pari di Didì, Vavà e Pelè, peraltro suoi compagni di squadra per molti anni in nazionale. Era il 1960 e Elza Soares esordiva con il suo primo disco dal titolo “Se acaso voce chegasse”, un misto di samba e jazz che riscosse un grande successo, qui nella versione reincisa da Elza Soares nel 1991 contenuta nell’album "Trajetoria" che ricevette lo Sharp Award come migliore cantante di samba.

Ascoltandola si può comprendere meglio la frase di Louis Armstrong quando, dopo averla ascoltata, sobbalzò e disse. “Sembra che abbia un sassofono in gola”. A lei, infatti, si attribuisce la paternità della tecnica dello scat, un virtuosismo canoro nato nella musica jazz con l'imitazione vocale di strumenti musicali tramite la riproduzione di fraseggi simili a quelli strumentali. Il tutto grazie ad una voce che riesce a fare quello che vuole. ora roca, ora potente e sensuale. L’esempio classico? Una stupenda versione dal vivo del brano Malandro, (malandrino), di George Aragao e cantato dallo stesso grande sambista brasiliano assieme ad Elza Soares



Eppure la vita di Elza Soares non fu per niente facile. Come d’altronde quella di Garrincha. Lei, nata in una favela di Rio de Janeiro, costretta dal padre, alcolizzato, a sposarsi a 13 anni, a 21 anni era già vedova in una situazione di povertà davvero mortificante ed aveva dato alla luce ben sette figli, due dei quali morirono prima ancora di avergli dato il nome e un terzo, una bambina, fu in un certo senso donata ad una famiglia facoltosa, bambina poi scomparsa assieme alla famiglia d’adozione. Tentò la sorte, era ancora una ragazzina, cantando in un programma per dilettanti a Radio Tupì, di Rio, presentato dal famoso artista e compositore Ruy Barroso, noto per la crudeltà con la quale trattava i partecipanti al programma. Quando con grande cinismo Barroso, vedendo Elza Soares con i capelli malmessi e con un vestito assolutamente inelegante prestatogli dalla madre le chiese: da quale pianeta viene? Soares rispose: dal pianeta fame. Elzinha, chiamata così dagli amici, cominciò a cantare quella sera ma il gong non suonò e lei cantò fino alla fine, con un Ary Barroso trasfigurato che annunciava, accompagnato da un applauso incessante del pubblico, la nascita di una stella. Ed infatti, ci aveva visto bene: nel 2000 la BBC premiò Elza Soares come migliore cantante del millennio.



Fu in occasione della coppa del mondo del 1962, in Cile, che Elza Soares, al seguito della squadra, conobbe Garrincha. Quell’anno la nuova stella della musica brasiliana fu invitata proprio dalla Federazione verdeoro di football per essere la madrina della selezione di calcio brasiliana e per cantare l’inno nazionale. E fu in questo momento che Louis Armstrong, presente all’evento, restò incantato dalla sua voce. Come restò incantato lo stesso Garrincha, ma già qualche giorno prima e non soltanto per la voce, durante gli allenamenti, quando si conobbero. Da quel momento iniziarono una relazione amorosa clandestina, mentre le sue canzoni venivano trasmesse da tutte le maggiori radio brasiliane. Elza Soares non fu certo una artista facile, al contrario, fu quella che difese, siamo negli anni ’60, i diritti delle donne, reclamando una maggiore giustizia sociale.


Ed il brano "A Carne" tratto dall’album Do Cóccix Até o Pescoço del 2002 esplora il tema del razzismo e della struttura sociale brasileira, affermando in maniera critica che il negro é meno importante per la società brasiliana. Un brano ripreso proprio in questi giorni in tutto il Brasile dopo la morte di un giovane nero avvenuta all’interno di un supermercato di Porto Alegre, ucciso da un poliziotto e una guardia scatenando le proteste in tutto il paese, sui social e per le strade, alla stessa stregua della morte per soffocamento del nero americano George Floyd «La carne più economica sul mercato è nera», dicono i versi di Elza Soares, divenendo in breve tempo il motto principale della parte pacifica della protesta insieme all'hashtag “Vidas negras importam".


Anche il passato di Garrincha fu contrassegnato da miseria e privazioni. Ed in più, fin da piccolo fu afflitto da diversi difetti congeniti: un leggero strabismo, la spina dorsale deformata, uno sbilanciamento del bacino, sei centimetri di differenza in lunghezza tra le gambe; le ginocchia afflitte da vari acciacchi, nonostante un intervento chirurgico correttivo. I medici lo dichiararono invalido e gli sconsigliarono di praticare il calcio. Ma lui fece esattamente il contrario. Nilton Santos, uno dei più forti laterali al mondo, e suo compagno di squadra lo ricorda così quando lo vide per la prima volta. “Mi sembrava uno scherzo, con quelle gambe storte, l’andatura da zoppo e il fisico di uno che può fare tante cose nella vita meno una: giocare al calcio”. Successe esattamente il contrario, Garrincha faceva impazzire il suo pubblico per i suoi funanbolismi, tanto da essere noto come L'angelo dalle gambe storte, Il Chaplin del calcio e, l’appellativo più autenticamente brasileiro Alegria do povo (Gioia del popolo).



Era il 1962, lei aveva 25 anni era agli inizi della sua carriera e si era già trasferita a San Paolo; lui ne aveva 29, una moglie, 7 figli legittimi, parecchi illegittimi, un imprecisato numero di amanti ed un grande amore, tra virgolette, per l’alcool, tanto da riuscire a bere una bottiglia di cachassa al giorno, una sorta di superalcolico con il quale si prepara la famosa bevanda brasiliana, la caipirinha. Ma quando la vide, Garrincha mollò tutto (ma non l’alcol) prese Elza e i suoi 4 figli e li portò via, con se. Era l’anno di Bossa Negra, il secondo album inciso dalla artista carioca che la fece ancor più conoscere al grande pubblico. Un album antologico che caratterizzò la cantante carioca come una delle più grandi rinnovatrici del samba. Il brano Perdao, fa parte di questo bellissimo album


Ma la relazione tra Elza e Manè non fu certo facile. La cantante riceveva quotidianamente l’accusa da parte della classe conservatrice di essere “inimiga do lar” e “danosa ao casamento” Una rovinafamiglie). E le donne brasiliane dell’epoca tenevano una sorta di paura nei suoi confronti, proprio perché ribelle e sempre senza peli sulla lingua rispetto alla politica brasiliana del tempo. Elza era odiata dai tifosi del Botafogo, squadra dove militava Manè, considerata la strega (a bruxa) responsabile, secondo loro, della decadenza del calciatore campione del mondo. Molti anni dopo in una intervista al settimanale Rolling Stones Elza si sfogò dicendo: “essere liberi in quella epoca fu difficile. E se la mia storia con Garricha fosse successa adesso con giocatori che guadagnano milioni di reais non so se io sarei sua moglie. Conobbi un Garrincha povero ed il nostro amore era vero

Intanto nel 1963 usci l’album, anche questo ebbe un grande successo, dal titolo Sambabossa ed uno dei maggiori successi dell’album fu “so danco samba” il famosissimo brano scritto da Joao Gilberto e la moglie Astrud che Elza qui interpreta alla sua maniera

Ma Elza Soares era da tempo nel mirino della dittatura militare solo perché aveva partecipato ad uno show con Geraldro Vandrè, artista, uno dei principali oppositori del regime, oltre ad aver inciso un jingle per la campagna del presidente Joao Goulart nel 1964, deposto dopo il fatidico colpo di Stato delle forze armate brasiliane con l’appoggio del governo degli Stati Uniti, tanto per cambiare, inaugurando così 20 anni di feroce repressione. Quella mattina presto i militari invasero la sua casa che aveva comprato da poco nel quartiere nobile del giardino botanico, un posto tuttora delizioso, ve lo assicuro (l’ho visitato nel 2013) e quindi lei fu costretta a partire con Garrincha per un periodo di esilio. Indovinate dove? In Italia, a Torvajanica, e senza sapere con certezza il motivo della sua persecuzione. Qui Garrincha giocò con parecchie squadre amatoriali del posto: un bel salto indietro per un campione come lui che era stato il pilastro assieme a Pelé della sua nazionale. Nel 1966 i due convolarono a nozze, nel momento in cui usciva l’album “Com a bola branca”. “A Infelicidade”, brano presente in questo album, a posteriori si rivelò in un certo senso profetico


Da qui l’inizio di tutta una serie di tragedie; la morte dell’unico figlio avuto con Elza, Garrinchinho, stroncato all’età di nove anni in un incidente d’auto, la morte della mamma di Elza a causa proprio dell’imprudenza di Manè, messosi alla guida completamente ubriaco. Per rendersi conto di quanto Garrincha fosse dipendente dall’alcool basti solo sapere che durante il Mondiale del ’58, il giocatore brasiliano usò tutti i soldi che aveva guadagnato per saldare i debiti che aveva contratto presso un bar di Pau Grande, a Rio. Dopo la morte della suocera continuò a scivolare sempre più giù e arrivò al punto di tentare il suicidio. Nel 1972, però, Garrincha tornò in patria e da lì il declino fu inarrestabile. Il problema con l’alcol si fece serissimo ed ebbe un effetto così drammatico sulla sua mente da indurlo a picchiare sua moglie; proprio lei, Elza Soares, la donna per cui aveva sfidato l’opinione pubblica dell’intero Brasile. Lei allora lo lasciò e quest’evento fu il colpo di grazia. nel 1978 si affacciò una brutta cirrosi epatica che, lentamente, lo portò alla morte nel 1983, a soli cinquant’anni.


Nonostante la sua follia e la sua (estrema) sregolatezza, Garrincha resta in ogni caso un’icona nel mondo del calcio destinata a rimanere nel tempo, al pari di Maradona, L’uomo che fu un tempo l’eroe del Botafogo e di una nazione intera, che sconfisse miriadi di avversari ma che non riuscì a sconfiggere il suo peggior nemico: se stesso

Allo stesso momento la carriera di Elza Soares, nonostante tutte le tragedie che certo non mancarono nel corso degli anni a seguire, proseguì, consacrandola come una delle stelle più fulgide del samba ed in genere della Mpb.

A celebrare questa incredibile, sofferta ed intensa storia, ed a chiudere il nostro racconto, il brano scritto Paulo Debétio e Paulinho Rezende, interpretato da Elza Soares, nel periodo in cui andavano d’amore e d’accordo, per celebrare e gridare a tutto il mondo il suo amore per Garrincha. La canzone si chiama Alegria do povo, scovata nel corso delle mie ricerche su questa storia, e non vi nascondo che l’emozione mi ha proprio rapito, specie dopo aver tradotto le prime righe del testo:


“L’alegria do Povo è entrato nel prato del mio cuore. Ha infettato i miei occhi con i suoi gols. Ed è partito con i miei sogni in mano. Come un asso nella manica, mi ha rapito nell’amore. Mi ha coinvolto nelle lenzuola della passione. E’ arrivato sulla linea di fondo ed ha attraversato l’area del mio cuore”


Concludiamo questa bellissima storia d’amore ascoltando proprio dalla voce di Elza Soares, oggi ultraottantenne, con la faccia spianata da lacrime e botulino, Alegria do Povo, un omaggio ad un grande amore, anche se poi miseramente fallito, come spesso accade nella vita comune della gente


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