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I FIRM DER SANDALONE


Si fa fatica a pensare che pochi decenni fa Roma era tornata caput mundi. Curiosamente erano stati film diametralmente opposti ai colossal ad attirare l’attenzione del mondo cinematografico verso l’Italia. Un drappello di registi “scapestrati” avevano preso delle piccole cineprese e avevano iniziato a vagare per le macerie del paese devastato dalla guerra. Una delle più grandi attrici (Ingrid Bergman) si innamora di un film e del suo regista e scappa in Italia. I due erano sposati e il gossip diventa galattico.



I produttori fiutano l’affare e pensano di produrre film in Italia (non certo di taglio neorealistico), dove la luce era ottima, i costi bassi e i luoghi comuni sovrabbondanti.

Quale migliore occasione, se non quella di ripercorrere il tema dei colossal dove erano nati diversi decenni prima, con pellicole quali Cabiria (1914) di Giovanni Pastrone. Film di oltre tre ore, quando la durata media era di 10-15 minuti. Pastrone, per altro, in questa pellicola, inventò il carrello e tante altre innovazioni tecniche. Una nota di colore: le didascalie furono scritte da D’Annunzio.



Hollywood, dicevo, quindi sbarca sul Tevere. Uno dei primi del genere è Ulisse con Kirk Douglas, che arriva in Italia, fa lo sbruffone e spadroneggia, interpretando alla perfezione l’immagine del divo americano spocchioso e presuntuoso. C’è da dire che il film aveva delle eccellenze: diretto da Mario Camerini, sceneggiato anche da Franco Brusati e Ennio De Concini, montato dal mitico Leo Catozzo (inventore della “Catozzo” taglierina da montaggio, usata fino agli ultimi anni ‘80, all’avvento del montaggio elettronico). Di fatto fecero più scalpore gli atteggiamenti di Douglas e le sue liti con Camerini.



Da questo momento in poi i film di ambientazione antico-romana, i cosiddetti peplum, girati in Italia, spopoleranno. Ci saranno le grandi produzioni statunitensi, come Cleopatra e Ben Hur, girate in 70 mm e produzioni ben più economiche. Se non avete mai tenuta in mano una pellicola 70mm, se non l’avete vista in trasparenza, non potete immaginare la magnificenza e la profondità tridimensionale e cromatica del supporto.



Però io sono ammaliato dalle piccole pellicole del sandalone, piene di sanguigna, ingenua spontaneità. Penso a titoli quali Maciste contro il vampiro, Ercole al centro della Terra, Maciste cpntro i mostri, Maciste contro i tagliatori di teste e due titoli che svettano incontrastati: Sansone contro i pirati e Maciste alla corte dello Zar, del mitico Tanio Boccia, l’Ed Wood italiano.



Se ho un grande rimpianto è quello di non avere mai girato un B movie. Eppure l’occasione l’avevo avuta, avevo avuto in incontro con Roberto Montero Bianchi, regista specializzato soprattutto in film dal basso budget di spionaggio e western. Mi sembra che non mi disse neppure di che genere fosse il nuovo suo film, men che meno titolo e storia. Non so su quale parametro reputò che io potessi essere il direttore della fotografia che faceva per lui, non aveva visto neanche un metro del mio girato. Forse mi aveva soppesato spalle e braccia e riteneva che una macchina da presa potevo reggerla. Purtroppo il film non si fece e il suo ultimo fu Le notti segrete di Lucrezia Borgia.



Per completare non ci si può dimenticare della splendida produzione RAI, l’Odissea del 1968, che pur non essendo cinema nella forma, lo è nella sostanza. L’episodio di Polifemo girato da Lamberto Bava è da storia del cinema.

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