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06.06.2021 terza puntata. La world music nella realtà moderna



Quando Richards utilizzò il distorsore in “Satisfaction” si pensava di essere giunti alla conclusione delle “nuove” sonorità. Un bel colpo lo aveva già dato Brian Jones con lo slider, ma gli Stones erano avvezzi a stupire.

Per fortuna non fu così, le sonorità non finirono, il buon vecchio Rock brillò incessantemente per molti anni a seguire. Merito dei Moogs sempre più evoluti, dei nuovi amplificatori, dei riverberi a “molla” o semplicemente grazie alle ugole dei cantanti.

Le “varianti africane”, per utilizzare un termine molto in auge oggi, iniziarono ad imperversare sia nella Disco music che nel Rock già dalla fine degli anni ‘60 (non riesco a togliermi dalla testa Build Me up Buttercop dei Foundation che uscì nel ‘67). Quando arrivò Carlos Santana ci fu il colpo conclusivo: piena contaminazione. La musica africana era così presente che era ormai difficile farne a meno.

Mentre George Harrison andava in “flip” con il Sitar il termine “World Music” non esisteva ancora, ma lui non lo sapeva e continuò a suonarlo (si scherza), fece un grande concerto in favore del Bangladesh e svariate iniziative caritatevoli nonchè concerti sempre utilizzando la contaminazione musicale con svariati musicisti autoctoni.

Nel 1986 Paul Simon dopo un viaggio in Sudafrica tornò profondamente cambiato ed in poco tempo tirò fuori dal cilindro una delle sue opere più importanti: Graceland. L’esperienza con la musica Africana lo folgorò”.

Quello fu il “giro di boa”. Dalla fine degli anni ’80, la stragrande maggioranza degli arrangiatori, cominciò ad inserire nelle partiture “frame drums”, congas ed altre diavolerie artigianali.

Peter Gabriel investendo svariati milioni di dollari crea la “Real World” arrivando a produrre persino un album monotraccia di oltre sessanta minuti dal titolo “The drummers of Burundi”, ma è solo la punta dell’ iceberg.

Gli fa eco David Byrne con tante altre produzioni. Il vaso di Pandora è stato scoperto, ora bisogna lavorarci!

Sempre più artisti cercano delle collaborazioni con personaggi come Manu Dibango, Youssou n’Dour, Caetano Veloso (spadroneggiante in tutti i generi musicali del creato) e Gilberto Gil. I cantautori di mezzo mondo scoprono il Fado, la Bossa Nova, il Samba, le percussioni delle isole del Pacifico, gli strumenti musicali indiani o le percussioni minori di Manaus.

Dopo l’esperienza con il Buena Vista social Club Ry Cooder in combinata con la World Circuit inizia a produrre una miriade di artisti, non solo cubani, ci sono indiani, africani e tanti altri artisti dell’emisfero meridionale. In questo caso come in quello di Gabriel o di Byrne non ci troviamo proprio dinanzi alla contaminazione, bensì alla produzione “a piè pari” di nuove realtà World, la classica ciliegina sulla torta.

La musica si evolve, ha nuove potenzialità perché ha nuove sonorità, oltre a collegare più facilmente le varie culture le…unisce.

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